La fitodepurazione per il trattamento delle acque reflue agro-industriali

La fitodepurazione per il trattamento delle acque reflue agro-industriali

Autore: Prof. Maurizio Borin, Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente (DAFNAE)- Università di Padova, maurizio.borin@unipd.it

I contenuti del presente articolo sono in pubblicazione su  Progetti Tecnologie Procedure n. 2/2015, allegato ad Ambiente & Sviluppo, Wolters Kluwer, n.11-12/2015.

La fitodepurazione è una tecnica naturale di rimozione degli inquinanti dall’acqua che riproduce i processi fisici, chimici e biologici di autodepurazione del “sistema suolo-piante-microrganismi” che caratterizza gli habitat acquatici e le zone umide presenti in natura. Le tipologie impiantistiche sono versatili e si possono ben adattare alle differenti esigenze di trattamento dei reflui.
Le acque reflue del settore agroindustriale sono generalmente caratterizzate dalla presenza di solidi sospesi, carico organico biodegradabile ed elementi nutritivi per le piante. Si tratta di inquinanti adatti al trattamento con la fitodepurazione che può quindi fornire un valido contributo per la sostenibilità ambientale dell’industria agro-alimentare. In Italia esistono rilevanti applicazioni di questa tecnologia soprattutto per il trattamento dei reflui delle cantine e dei caseifici.

Le tipologie impiantistiche di base più diffuse sono classificabili come riportato in figura 1.

 

Figura 1. Classificazione degli impianti base di fitodepurazione

 

Gli impianti a flusso superficiale consistono in ambienti vegetati (bacini naturali o artificiali, corsi d’acqua) in cui la superficie dell’acqua è a contatto con l’atmosfera.

Possono essere realizzati:

  • con piante radicate (constructed wetland, FWS – free water surface, zone umide, figura 2);
  • con sistemi flottanti (Floating Systems, FS), realizzati utilizzando strutture di sostegno per le piante acquatiche non in grado di galleggiare autonomamente, ma altamente utilizzate ed efficaci per scopi depurativi (figura 3).

 

Figura 2. Sistema a flusso superficiale a macrofite radicate emergenti (FWS), Fonte: Barbagallo S., Cirelli G.L., Marzo A., Toscano A., 2012

 

 

 

Figura 3. Fitodepurazione flottante

Figura 3. Principio di funzionamento della fitodepurazione flottante. Fonte: Barbagallo et al., 2012.

 

Negli impianti a flusso sotto superficiale l’acqua scorre attraverso una matrice porosa (ghiaia, sabbia, argilla espansa o altri materiali inerti), contenuta in una vasca impermeabilizzata dove si sviluppano le radici delle piante radicate emergenti.

Possono essere a flusso orizzontale (HF- horizontal flow), dove l’acqua reflua è distribuita a un’estremità nella parte superiore, fluisce lentamente attraverso il medium seguendo la leggera pendenza del fondo e raggiunge la fine, dove viene raccolta da un tubo drenante (figura 4) o a flusso verticale (VF – vertical flow) nelle quali il refluo da trattare è immesso dall’alto con carico alternato discontinuo e percola verticalmente in un filtro di materiali inerti in cui si sviluppano le radici delle piante per essere poi raccolto sul fondo da una rete di tubi drenanti e scaricato all’esterno (figura 5).

 

Figura 4. Sistema a flusso subsuperficiale orizzontale (H-SSF). Fonte: Barbagallo et al., 2012

 

Figura 5. Sistema a flusso subsuperficiale verticale (V-SSF). Fonte: Barbagallo et al., 2012

Un caso particolare di flusso sottosuperficiale è l’impianto a scarico zero, nel quale l’acqua viene accumulata nella porosità del medium e persa per evapotraspirazione nella stagione calda.

Le tipologie impiantistiche possono essere combinate nella costituzione di impianti ibridi.

Esistono infine soluzioni avanzate, gli impianti intensivi, che prevedono l’introduzione di elementi chimici, fisici, biologici o meccanici di maggiore complessità per aumentare l’efficacia depurativa e ridurre il fabbisogno di superficie.

Gli impianti di fitodepurazione sono capaci di rimuovere la maggior parte degli agenti inquinanti presenti nelle acque attraverso meccanismi di rimozione di natura chimica, fisica e biologica che si possono verificare simultaneamente o sequenzialmente durante la permanenza dell’acqua all’interno dell’impianto.

I due principali processi di depurazione delle acque reflue sono rappresentati dalla separazione della fase solida da quella liquida e dalla trasformazione delle sostanze presenti.

La separazione deriva:

  • dall’azione della forza di gravità,
  • da filtrazione, adsorbimento, scambio ionico e volatilizzazione.

Le trasformazioni possono essere chimiche (reazioni di ossidazione/riduzione, flocculazione, acido/base) o biochimiche e avvenire in condizioni aerobiche, anaerobiche o anossiche.

Sia le separazioni, sia le trasformazioni possono determinare la rimozione del contaminante o, più frequentemente, il suo accumulo all’interno dell’impianto di trattamento.

L’efficienza del processo di depurazione è strettamente legata al tempo di residenza del refluo all’interno dell’impianto.

Molti vantaggi, qualche svantaggio…

L’interesse della fitodepurazione nel settore agro-industriale è legato ai numerosi vantaggi rispetto alle altre tipologie impiantistiche, quali:

  • tecnologia a basso impatto ambientale (assenza di rumori, odori, aereosol, manufatti, strutture fuori terra) e di ottimo inserimento paesaggistico
  • consumo energetico nullo o limitato
  • limitati costi di gestione e manutenzione
  • produzione limitata o nulla di fanghi
  • possibilità di utilizzazione degli spazi e dell’impianto per finalità accessorie (attività ricreative , itticoltura, algocoltura, idrocoltura, fertirrigazione, ecc.)
  • abbattimento efficace del BOD, dei solidi sospesi totali, di N e P
  • adattabilità a dinamiche discontinue della produzione volumetrica dei reflui
  • notevole versatilità delle tipologie impiantistiche che, grazie anche alla possibilità di combinazione possono rispondere a esigenze differenziate di trattamento
  • disponibilità di soluzioni intensificate per affrontare la depurazione di inquinanti recalcitranti.

Per contro la fitodepurazione richiede superfici elevate, spesso non disponibili e comunque costose da acquisire.

 

 

Fonte: ingegneri.info